Se ne parla bene da pochi anni, ma è una patologia antica quanto la vita stessa. Ce ne siamo vergognate, ma anche vergognati, a lungo, perché è sembrata per tanto tempo quasi un segno di ingratitudine, un no sense che inquina quello che nella teoria dovrebbe essere il momento felice per eccellenza. La depressione post partum è stata avvolta dallo stigma perché additata come capriccio, o peggio pigrizia, o ancora peggio sintomo di egoismo e scarsa predisposizione alla maternità. Maternità che iconicamente è il grande dono, il dono assoluto, ricevuto il quale i neo genitori dovrebbero splendere di pura gioia. Le nostre nonne, per alcune bis-nonne, il periodo che seguiva la nascita, era chiamato “quarantena”, e prevedeva che la neomamma riposasse e non pensasse ad altro che all'accudimento del bebè. Ai tempi, però, c’era sempre qualcuno che si occupava della gestione della casa e magari degli altri figli. Oggi non è più così e per molte, riprendere in fretta, e magari senza poter scegliere liberamente (un abbraccio a tutte le free lance italiane per le quali il periodo concesso di maternità è di due mesi prima e tre dopo il parto), tutte le attività di prima, è o motivo di vanto o disperazione totale. Doverlo fare con addosso i sintomi di un disturbo altamente invalidante è non solo ingiusto ma sbagliato per tutti: lavoratore, datore di lavoro, azienda, colleghi, famiglia. Essere operativi in uno stato depressivo non fa altro che accumulare problemi su problemi. E non stiamo parlando, qui, dei giorni immediatamente successivi al parto, che sono spesso un periodo caratterizzato da instabilità emotiva, calo dell’umore, difficoltà a dormire, ma che è considerato del tutto fisiologico. Questo, infatti, è il baby blues, una malinconia che non inabilita al cento per cento chi la attraversa, che riguarda circa il 60/80% delle puerpere che dopo qualche giorno, al massimo settimana sfuma.

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Anastasiia Krivenok//Getty Images

La depressione post partum, che colpisce il 10/20% delle neomamme, è un disturbo di natura psicologica, caratterizzato da sintomi ben precisi, spesso sottostimato tanto che la neo mamma, a fronte di un sentimento di vergogna, non chieda un aiuto medico. La depressione post parto è detta anche “depressione muta”, a causa della tendenza a nascondere il proprio disagio da parte della donna. Alla base di questa situazione c’è la paura, dicevamo, della neo mamma di essere giudicata e di essere vista come una “cattiva” madre. Ma attenzione: la cosa non riguarda solo colei che ha partorito. La depressione post partum colpisce anche i padri. E se ne parla ancora meno, perché neo-padri sono i primi a a nascondere il malessere che possono provare nel delicato momento di transizione da uomo a padre. Un'equipe del Consultorio genitori oggi attivo presso la clinica Mangiagalli di Milano ha condotto una ricerca su 244 neogenitori al primo figlio, che racconta come il 7 % degli uomini presenti i sintomi depressivi nei primi 30 giorni di vita del bambino. Dopo 2 mesi la situazione migliora, per poi peggiorare nuovamente ai 6 mesi di vita del bambino, in particolare se la compagna cade nella depressione post partum vera e propria. Questi dati sono in linea con le varie ricerche internazionali che rivelano come la depressione post partum paterna si collochi in un range molto ampio dal 4 al 25%. Inquadrato a grandi linee il problema, c'è una buona notizia che arriva in ambito scientifico dagli Usa. Venerdì 4 agosto 2023, infatti, la Food and Drug Administration ha approvato la prima pillola per la depressione post partum, un farmaco che sa già di rivoluzione e che potrà sia aumentare il riconoscimento del disturbo come patologia, sia migliorare il trattamento di una condizione debilitante che affligge ogni anno circa mezzo milione di donne solo negli Stati Uniti.

I dati degli studi clinici mostrano che la pillola funziona rapidamente, iniziando ad alleviare la depressione in appena tre giorni, ovvero significativamente più velocemente degli antidepressivi generici, che possono richiedere due settimane o più per avere effetto. Ciò, insieme al fatto che viene assunta solo per due settimane, e non per mesi, può incoraggiare più pazienti ad accettare il trattamento, ed è questo un altro punto a suo grande favore secondo gli esperti di salute mentale materna. L'aspetto più significativo dell'approvazione potrebbe non essere le caratteristiche del farmaco, ma il fatto che sia esplicitamente designato per la depressione post partum. Diversi medici e altri esperti hanno affermato che mentre esistevano altri antidepressivi efficaci nel trattamento della condizione, la disponibilità di uno che è specificamente indicato per affrontarla ed uscirne in tempi brevi, potrebbe aiutare a ridurre lo stigma, andando a sottolineare come abbia basi biologiche legate agli ormoni, e non è qualcosa per la quale le donne (o i neo padri) dovrebbero in alcun modo incolpare se stessi. Durante la gravidanza, gli estrogeni e il progesterone aumentano di circa 10 volte. Pochi giorni dopo il parto, questi ormoni precipitano ai livelli precedenti. Si ritiene che questo calo improvviso sia uno dei principali fattori che contribuiscono alla depressione post partum.

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Foto di Jenna Duxbury su Unsplash

Nel dettaglio, la pillola, chiamata zuranolone, va assunta per 14 giorni e allevia, dicevamo, i sintomi depressivi in soli tre giorni. È una svolta, afferma Jennifer Payne, direttrice del Programma di ricerca in psichiatria riproduttiva presso la scuola di medicina dell'università della Virginia, che segue pazienti affette da depressione post-partum e studia i meccanismi biologici alla base del disturbo. In sostanza, lo zuranolone "ripristina il normale funzionamento dei circuiti neurali, in modo che il cervello possa gestire lo stress come dovrebbe", spiega Kristina Deligiannidis, psichiatra presso il Feinstein institutes for medical research di New York, che ha guidato uno studio clinico sul farmaco. Lo studio, pubblicato la scorsa settimana su American Journal of Psychiatry ha seguito 196 donne affette da depressione post partum per 45 giorni. A metà delle partecipanti, selezionate in modo randomizzato, è stato somministrato lo zuranolone, mentre l'altra metà ha ricevuto un placebo. Dopo due settimane, nel 57% delle donne che avevano assunto lo zuranolone è stato riscontrato un miglioramento significativo dei sintomi depressivi, rispetto al 38 per cento dei soggetti a cui era stato somministrato il placebo. Alla fine dello studio, quasi il 62 per cento delle persone che avevano assunto lo zuranolone continuava a registrare un sollievo significativo, rispetto al 54 per cento del gruppo placebo. "Non è l'unico trattamento utile per la depressione post partum, ma l'innovazione e l'entusiasmo per questo sono legati al fatto che è specifico, progettato per colpire la depressione post partum sulla base di potenziali cause biologiche", ha affermato Wendy Davis, direttrice esecutiva di Postpartum Support International, un'organizzazione no profit che aumenta la consapevolezza e fornisce risorse per coloro che hanno problemi di salute mentale materna. "Dà la comprensione che esista una ragione biologica per quello che stai provando in quel momento così romanticizzato nella narrazione comune", ha detto, aggiungendo una frase semplicissima quanto imprescindibile: "Quella profonda, nera tristezza non è colpa tua".

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