Ogni anno nel mondo, la prima settimana di agosto, si celebra la Breastfeeding Week, un evento per comprendere l'importanza dell'allattamento, ma anche per analizzare e indagare le limitazioni e i pregiudizi che ruotano intorno a questa fase della vita delle madri. "Let's make breastfeeding at work, work" è stato il tema di quest’anno, che tradotto significa: "Facciamo sì che l'allattamento al lavoro funzioni".

Si conta infatti che più di mezzo miliardo di donne che lavorano non beneficiano di tutele essenziali per la maternità a causa di leggi nazionali. Inoltre, solo il 20% dei Paesi richiede ai datori di lavoro di fornire ai dipendenti pause retribuite e strutture per l'allattamento al seno o l'estrazione del latte. Si tratta di numeri che evidenziano l'assenza o la limitatezza di tutele per le donne che vogliono allattare, e che sono costrette a interrompere l'allattamento non per scelta, ma per ostacoli esterni.

La campagna, organizzata da WABA (World Alliance for Breastfeeding Action) e promossa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità con il sostegno dell'UNICEF e di molti Ministeri della Salute, nonché da molti esponenti della società civile, quest'anno si è focalizzata proprio sulla difficoltà di conciliare lavoro e allattamento. Se è vero che negli ultimi 10 anni molti Paesi hanno compiuto significativi progressi per incrementare i tassi di allattamento esclusivo al seno - la percentuale dell’allattamento esclusivo è aumentata del 10% raggiungendo il 48% a livello globale - per arrivare all’obiettivo globale del 70% entro il 2030, è necessario affrontare le barriere che le donne e le famiglie incontrano.

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Foto di Janosch Lino su Unsplash

Quale soluzione allora? La proposta è quella di dare alle donne la possibilità di fruire del congedo di maternità per un minimo di 18 settimane - vale a dire più di sei mesi - oltre a offrire la possibilità di orari più flessibili proprio per continuare l'allattamento. Fondamentale, a questo scopo, sarebbe anche che i datori di lavoro garantissero uno spazio, all'interno del luogo di lavoro, dedicato all'allattamento al seno o all'estrazione del latte. Semplici accorgimenti che significherebbero molto per le donne che scelgono di prolungare l'allattamento, e che purtroppo in alcuni Paesi del mondo sono una vera utopia. Nel mondo infatti, solo il 40% delle lavoratrici madri di neonati godono dei benefit minimi per la maternità. E l'Italia? Gli ultimi dati ci forniscono un quadro che mette in luce scarsa attenzione data all’importanza della nutrizione nel corso dei primi mesi di vita: le donne che scelgono di allattare fino al 6° mese sono solo il 30%, e prevale nelle mamme lavoratrici e con un’istruzione universitaria rispetto alle casalinghe o disoccupate. Se pur non vogliamo elencare i benefici per la salute del bambino e ribadire l'importanza di una scelta che deve necessariamente essere della madre, la verità che emerge, anche quest'anno, è che sono necessari interventi a supporto dell’allattamento. Ed è necessario innanzitutto superare i pregiudizi che ancora permangono e fare in modo che una madre non debba ritrovarsi a scegliere tra il lavoro e l'allattamento.

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